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Ha ragione Gianni, tutti abbiamo vinto il nostro torneo. E siamo tutti insieme sul gradino più alto di un podio dilatatosi oltre misura per l’occasione, abbracciati per festeggiare la piena riuscita del nostro gioco. Ci siamo divertiti tutti, anche nei momenti in cui l’emozione ci paralizzava la mente ed il braccio, anche quando abbiamo temuto di essere ormai spacciati.
A dire il vero, l’esito finale è stato un po’ strano.
Forse per colpa della Red Bull, che in Svezia costa quasi quanto la nostra acqua minerale.
O forse per colpa di quel caffè che (se non ho capito male) il genovese volante, lui campione di sudoku, ma soprattutto campione di stile, ha voluto offrire proprio a me.(Sbalordito per l’emozione e caricato per la gratitudine, ho persino dimenticato quel giorno di trenta anni fa in cui nel bar Saicaf di Bari ne presi l’ultimo.)
In molti hanno voluto questo finale strano.
In due mi hanno salvato nei giorni in cui ho impiegato oltre trentuno minuti per un sudoku facilitato.
Tida ha rotto il computer al momento giusto(per dirla con sua nonna, mi viene da chiedere: 60 lei o 70 la mia fortuna?).
Milva ha pensato più alla gara di Natale.
Le mie grandi amiche del Torneo maggiore hanno restituito, con interessi da usura, il tifo ad oltranza che io avevo fatto per loro.
Giuliano mi ha spinto fino in fondo, con una grande generosità rafforzata dalla comprensibile amarezza per un banale incidente di percorso.(Non è certo lui quel fastidioso bolognese con i baffi che quasi sciupò la magia del giorno in cui percorremmo a piedi, zaino in spalla, l’interminabile sentiero che portava, in fondo al Grand Canyon dell’Arizona, alla splendida riserva indiana dalle acque verdi azzurre.)
Il torneo di PaolaZ è stato il mio torneo, sempre insieme, sempre con il medesimo fiato sospeso.
Mitica72 ha fatto il miracolo. Quando finalmente avevo trovato un computer, in un affollato bar di Stoccolma, non riuscivo assolutamente a collegarmi con Argio per la partita di semifinale: non sapevo proprio come fare, non trovavo Gabriele (ormai un faro), non trovavo Google, non trovavo nulla. Ero sul punto di abbandonare. Poi, nella mia posta privata, ho visto un suo messaggio, il primo. Ho premuto sul link che portava con sé e finalmente è uscito Argio.
L’ultima partita con Bely è stata deliziosamente imbarazzante. Da tempi non sospetti, da un torneo di cui si è persa la memoria, lei è sempre il mio Capitano.
Le storie del ciclismo ci raccontano del Capitano che lascia vincere il suo fedele porta borracce arrivato con lui sul traguardo.
A me è venuta in mente un’altra storia. Sono tornato ai tempi lontani in cui l’estate aveva il sapore del paese dei miei, la dolcezza di una nonna persa troppo presto, la fragranza del pane e pomodoro.
Ai Campionati del mondo di quell’anno c’era un unico vero campione, atteso da tutti. Per una singolare coincidenza, il suo nome aveva le stesse iniziali di Bely.
Era una scheggia imprendibile, Van Looy, ma per un caso della vita, sul traguardo sicuro fu preceduto, di un soffio, proprio dal suo gregario.
Ricordo, su quel podio inaspettato, lo sguardo smarrito di un uomo che sapeva di non essere nel posto giusto, di averla fatta grossa.
E’ il mio stesso sguardo di oggi.
Ringrazio tutti. Per avermi dato la possibilità di giocare. E di andare anche oltre il gioco.
Paolo